L’agenzia di rating Fitch Investors Service ha confermato il rating dell’Italia a BBB con outlook stabile, come già dichiarato da Standard & Poor’s.
Questa decisione ha fornito un certo grado di rassicurazione agli investitori, ma la situazione rimane in sospeso in attesa delle valutazioni di altre importanti agenzie di rating. Più temuto è il giudizio di Moody’s per il 17 novembre, data che sarà cruciale per il destino finanziario dell’Italia. Infatti, già ad aprile Moody’s aveva evidenziato il rischio che l’Italia potesse perdere il suo status di “investment grade” per scivolare nel territorio rischioso dei titoli “junk“. Questa eventualità avrebbe immediati riflessi sui mercati finanziari e sul costo di finanziamento del debito pubblico italiano.
Cos’è il rating?
Il rating del debito pubblico rappresenta l’analisi della solvibilità e della credibilità di un paese nel rimborsare i propri debiti e interessi associati nel corso del tempo. Viene assegnato da agenzie di rating indipendenti come Standard & Poor’s, Fitch e Moody’s, ed è essenziale per valutare il rischio associato all’acquisto di titoli di Stato emessi da un determinato paese.
Queste agenzie valutano una serie di fattori economici, finanziari e politici, tra cui il rapporto debito/PIL, la capacità di crescita economica, la politica fiscale, la stabilità politica e altri indicatori macroeconomici.
Un rating elevato indica una maggiore fiducia nel paese emittente e un rischio più basso per gli investitori, mentre un rating più basso suggerisce una maggiore incertezza e un rischio maggiore di insolvenza.
Le valutazioni del rating del debito pubblico, o il declassamento, possono quindi influenzare direttamente i rendimenti dei titoli di Stato e la fiducia degli investitori nei mercati finanziari nazionali e internazionali.
Il risultato “positivo” dell’Italia
“Il rating dell’Italia è sostenuto dalla sua economia ampia, diversificata e
ad alto valore aggiunto, dall’appartenenza all’Eurozona e dalla solidità
delle istituzioni rispetto alla mediana del gruppo dei peer.”
– Nota dell’agenzia di rating Fitch
Il risultato positivo dell’Italia non deve distogliere l’attenzione dai principali fattori di rischio che gravano sull’economia italiana: un debito pubblico molto elevato, una politica fiscale relativamente poco rigorosa a seguito della pandemia e un ridotto potenziale di crescita economica.
Nei primi otto mesi del 2023 il debito pubblico è aumentato di 10,4 miliardi al mese, per arrivare alla cifra di 2.840 miliardi di euro ad agosto 2023. Fino al 2026, come attestato dalla Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NaDEF), l’Italia manterrà “stabile” il rapporto tra il suo debito pubblico e il PIL, che oscillerà intorno al 140%.
Un livello così alto di indebitamento diventa un punto di debolezza per il Paese, riducendo gli spazi di manovra per affrontare eventuali eventi avversi e aumentando il costo del debito non solo per il settore pubblico ma anche per i soggetti privati.
Inoltre, le banche centrali potrebbero decidere di prolungare la permanenza a livelli più elevati dei tassi di interesse, esercitando ancora pressione sul rendimento dei titoli di Stato italiani e sul finanziamento del debito nazionale.
Questa situazione, oltre a influire negativamente sulla competitività dell’intera economia italiana, impone la necessità di una gestione oculata delle finanze pubbliche per mitigare il rischio di instabilità finanziaria e favorire una crescita sostenibile nel lungo termine.
Previsioni sul PIL
Secondo le agenzie di rating Standard & Poor’s e Fitch, si prevede una decelerazione della crescita economica italiana nel 2023 e nel 2024. D’altra parte, Bankitalia proietta una crescita del PIL dello 0,8%, con rischi di ribasso, per il 2024: una stima notevolmente più contenuta rispetto all’ottimismo manifestato dal governo. Mentre, nelle loro valutazioni ufficiali, sia Standard & Poor’s che Fitch delineano una prospettiva di ripresa più vigorosa nel 2025, stimando una crescita intorno all’1,3%.
Le prospettive sul PIL e il monitoraggio attento del debito pubblico saranno elementi chiave per comprendere e affrontare le sfide che l’Italia dovrà affrontare nei prossimi anni.
Ritorno al Patto di Stabilità Europeo
A partire dal 2020, per affrontare le conseguenze economiche della pandemia, l’Europa sospese temporaneamente i vincoli di bilancio, derogando i parametri del 3% nel rapporto deficit/PIL e del 60% nel rapporto debito/PIL. In risposta alla crisi pandemica, l’Italia ha aumentato la spesa pubblica e l’indebitamento, che già superava ampiamente i limiti imposti dai vincoli dell’Europa.
La deroga concessa e gli acquisti di titoli del debito pubblico italiano da parte della Banca Centrale Europea a tassi sostanzialmente bassi, hanno consentito al sistema italiano di mantenere una certa stabilità, nonostante l’economia reale attraversasse una fase di crescente debolezza e incertezza. Tuttavia, a partire dall’autunno del 2021, i tassi di interesse hanno iniziato a salire nel tentativo di contrastare l’inflazione speculativa, portando a una rapida riduzione degli acquisti di titoli da parte della BCE fino a quasi cessare completamente.
A gennaio 2024, i vincoli europei saranno nuovamente applicati, mettendo così fine alla deroga concessa nel 2020 e costringendo l’Italia ad adottare misure concrete per contrastare l’incremento del debito.
E i risparmiatori?
In questo scenario economico e finanziario, contrassegnato dalla diminuzione dei finanziamenti ai servizi sociali e dalla revisione delle prestazioni pensionistiche, quale dovrebbe essere l’approccio strategico dei risparmiatori?
Non limitarsi al semplice accumulo di risorse e capitale, ma adottare una prospettiva orientata alla protezione attraverso una strategia di diversificazione.
Questa prudenza non si limita solamente a una distribuzione equilibrata fra varie classi di asset, ma si estende anche alla diversificazione geografica. In un mondo interconnesso e in continua evoluzione, le sfide economiche possono manifestarsi in modi diversi in diverse regioni.
Pertanto, per mitigare il rischio e proteggere gli investimenti da potenziali turbolenze, è fondamentale ampliare l’orizzonte di investimento attraverso una distribuzione geografica strategica.
Diversificare fra asset e geografia non solo offre una copertura più ampia contro le fluttuazioni di mercato, ma contribuisce anche a creare un portafoglio più resiliente e adattabile alle mutevoli condizioni economiche nazionali e globali.